Pep Guardiola non ha sudato.
E non perchè come i suoi giocatori, almeno stando ad
ascoltare le insinuazioni di chi non riconosce la loro dittatura calcistica
sull’Europa, utilizza pratiche dopanti. Al massimo le utilizzava, visto che
venne trovato positivo ad un controllo antidoping al tramonto della sua
carriera da calciatore a Brescia (dopo un lungo iter giuridico venne scagionato
da un tribunale ordinario).
Pep Guardiola non ha sudato ieri sera e lo ha spiegato con
quell’espressione sincera, candida, innocente che lo contraddistingue (almeno
agli occhi della gente…) nel panorama dei grandi tecnici europei, specie se
confrontato con il vulcanico,sfrontato e “arrogante” Josè Mourinho.
“Se ho avuto paura di non passare il turno durante lo
svolgimento della gara? Affrontavamo il Milan, pensare che non ci avrebbero
creato problemi sarebbe stato stupido. Abbiamo deciso di giocare con tre dietro
per cercare di creare più occasioni da gol, non volevo una partita in cui non
succedesse niente, in cui loro potevano chiudersi dietro. Abbiamo preferito
concedere qualcosa ma avere subito la possibilità di creare occasioni. Abbiamo
fatto 21 tiri in porta, loro tre, abbiamo difeso più o meno bene siamo
contenti. Dopo il 2-1 siamo tornati a quattro dietro”.
Rispetto istituzionale dovuto al Milan a parte, ha preparato
il match del ritorno in cui teoricamente aveva meno chances di qualificazione
(rossoneri promossi anche con un pareggio con gol) con la consapevolezza che il
margine a proprio favore era talmente ampio da potersi permettere di puntare
sulla difesa a 3, molto vicina al centrocampo, di cui uno degli interpreti era
Mascherano, riprogrammato in base alla filosofia blaugrana.
In poche parole, sapeva che avrebbe concesso contropiedi e
che Valdes probabilmente sarebbe stato battuto, ma sapeva altresì che Messi
avrebbe bucato Abbiati più di una volta. E così è andata.
Allegri ha ripetuto la partita difensiva del primo tempo di
Milano, ma stavolta, con Fabregas al posto di Keita e Cuenca largo per lasciare
il corridoio centrale al fuoriclasse argentino, non è quasi mai riuscito a
fermarlo. Le accelerazioni, i dribbling, le conclusioni a rete della Pulce che
partiva dalla trequarti hanno devastato l’impianto complessivo dei rossoneri e
hanno riportato alla mente la gabbia che Mourinho gli costruì attorno con
Cambiasso e Chivu in prima battuta, Zanetti, Samuel e Lucio in seconda,
implacabili nel togliergli lo spazio per prendere velocità. Confronto
imbarazzante per il toscano, ben lontano dall’avvicinarsi ad una organizzazione
collettiva che sfiorava la perfezione.
Primo mito da sfatare: sono stati tutt’altro che impeccabili
dietro, avendo subito 3 reti (più almeno 3-4 volte si sono presentati davanti
ad Abbiati), concesso 21 tiri, lasciato loro il 62% del possesso palla. E,
particolare che a Berlusconi non piacerà, non si sono quasi mai visti nell’area
avversaria: 3 conclusioni (il gol di Nocerino dopo una bella azione
Robinho-Ibrahimovic, una respinta, una fuori dallo specchio) e 4 corner lo
score secondo le statistiche.
Se l’obiettivo era non ripetere la debacle del Leverkusen
sepolto da 7 reti e tenere viva la qualificazione per un tempo, la missione è
stata centrata. Se invece era giocarsela quasi alla pari, metterli in
difficoltà, sognare le semifinali e uscire a testa alta (patetico refrain di
queste e delle prossime ore), chiunque ha onestà intellettuale e non è obnubilato
dal tifo o da altri interessi dovrebbe ammettere che è si è visto un Milan
impotente, travolto, di molto ridimensionato (semprechè ce ne fosse bisogno, le
quattro reti contro l’Arsenal avevano distorto la percezione della realtà del
nostro calcio).
Successe qualcosa di molto simile a noi nel primo anno di
Mou in Champions: pareggio a reti bianche a San Siro salutato come una piccola
impresa, sconfitta all’Old Trafford per 2 a 0 con il rimpianto per le occasioni
non sfruttare da Zlatan, ma frutto di una superiorità tecnica e tattica
schiacciante. Quella sera nacque la seconda grande Inter perchè Josè ammonì
chiaramente sulla necessità di fare 3-4 grandi colpi per poter salire quel
gradino che ci avrebbe dato la speranza almeno di competere ad armi quasi pari.
Il gap tra Barca e Milan è anche superiore, volendo essere pignoli.
L’altro mito da sfatare, già rilanciato dalla grancassa
mediatica dei giornalisti del vecchio regime, è che i blaugrana siano stati
aiutati scientificamente dall’arbitro, che avrebbe fischiato due rigori
inesistenti, specie il secondo, sorvolato su un fallo su Ibra in piena area e
fermato Robinho lanciato verso Valdes nelle praterie della metà campo di casa.
Passi per la memoria corta del clamoroso penalty dell’andata
negato a Sanchez, ma avere dubbi sulla scomposta scivolata del giovane Antonini
(sognerà per molto tempo l’uomo nero Dani Alves…)in area o sulla trattenuta
della maglia da parte di Nesta (all’andata chiusi gli occhi su Mesbah che
tratteneva platealmente Puyol…) forse condizionata da un blocco irregolare, è
paradigmatico di una mentalità retrograda che anno dopo anno ci fa affondare
sempre di più con i nostri club in Europa.
“Sono rigori, quando ci sono trattenute dentro l’area è
giusto fischiare. Se Ibra o Mourinho (su Twitter il suo portavoce ha rincarato
la dose, vedi nel live) dicono che vinciamo grazie agli arbitri ricordo loro
che siamo in semifinale di Champions per la quinta volta di fila e questo vuol
dir qualcosa”.
Pep ha sintetizzato molto bene il punto della situazione: in
fondo alla Champions arrivano quasi sempre le stesse. E tra queste spesso ci
sono Barca, Bayern Monaco e Chelsea e, da quando c’è Josè, il Real.
Parla il campo.
E il campo racconta che gli unici che sono stati finora
capaci di rifilare 3 gol ai blaugrana e di eliminarli dall’Europa siamo stati
noi nell’anno di grazia 2010 e che le foto dei fasti europei dei nostri cugini
sono sempre più impolverate e ingiallite.
In realtà ci sarebbe anche un’altra domanda da porsi: chi
vincerà il pallone d’Oro?
Nesta escluso, non c’è stato un rossonero al livello del
rivale nei tanti scontri individuali che ci avevano presentato alla vigilia.
Quello tra Lionel e Zlatan poi è addirittura imbarazzante e
pone fine alle farneticazioni dei tanti piccoli robottini iscritti all’Ordine
dei giornalisti che scrivono sotto dettatura del potente di turno. O dovrebbe
porre fine.
Magari basterà una doppietta a Boruc il prossimo weekend per
insabbiare, dimenticare, mentire. Per vergognarsi non bastano neppure 21 tiri
contro e 3 gol che senza leziosità varie avrebbero potuto essere il doppio.
Avanti, rigorosamente a testa alta (loro? Noi).