In
molti Paesi occidentali è proibita, ma in Perù l’esperienza con l’Ayahuasca,
detta Droga di Dio, si sta trasformando in un vero e proprio business e persino
in un motore per la salvaguardia della foresta e dei popoli indigeni
dell’Amazzonia. Così, mentre nella selva di Iquitos aumentano gli arrivi di
turisti da Europa e Stati Uniti in cerca di illuminazioni mistiche ed avventure
psicotrope, nei villaggi indigeni fioriscono offerte a buon mercato e pacchetti
all-inclusive, nel segno dell’ayahuasca, estratto vegetale ottenuto bollendo
liane della specie Banisteriopsis. L’Ayahuasca è da sempre utilizzato dagli
sciamani e dai curanderi amazzonici e della cordigliera delle Ande per i riti
di visione e comunicazione col divino.
COME
FUNZIONA LA DROGA DI DIO
L’Ayahuasca contiene ‘dimetiltriptamina’, un
allucinogeno che ingerito sotto forma di bevanda può restare in circolo nel
corpo umano per due o tre ore. Nelle zone dell’Amazzonia peruviana più battute
dal turismo, ormai da anni non è raro incontrare cartelli che invitano a
provare gli effetti della sostanza, che in lingua ”quechua” significa ”corda
col morto”, dato che secondo i popoli nativi, l’Ayahuasca permette allo spirito
di uscire dal corpo senza che questo muoia.
IL
TEMPIO DELLA STRADA VERSO LA LUCE
Fino ad ora bastavano cinque euro e un
colloquio prima dell’assunzione della bevanda, per escludere malattie mentali
gravi, o dipendenza da droga, ma a più di recente sono stati allestiti anche
veri e propri centri attrezzati per una lunga permanenza e una serie di
pratiche ”per favorire autoanalisi e ricerca interiore”. E’ ad esempio il caso
del Temple of The Way of Light (tempio della strada verso la luce) condotto
prevalentemente da guaritrici della tribù Shipibo. ”Non siamo un movimento New
Age, ne’ ci ispiriamo ad alcun tipo di religione, siamo guaritrici, con
un’esperienza enciclopedica delle piante della giungla”, si legge nella
homepage dell’organizzazione promossa da otto ”maestre”, di cui Olivia, 80
anni, è la più anziana. ”La nostra energia femminile – spiegano – si collega a
quella della Pachamama, la madre terra”.
SE LA
DROGA SALVA LA GIUNGLA
Nel corso degli workshop, della durata di 12
giorni, sono previste diete, yoga, e meditazione. Mentre l’assunzione
dell’ayahuasca (o Yagé) avviene nel corso di cerimonie notturne, sotto il
sapiente controllo del team di curandere, che in caso di reazioni negative
fanno fronte con massaggi, canti e profumi. Ma il progetto delle donne Shipibo
guarda molto oltre l’ayahuasca. Olivia, Rosa, Manuela, Celestina, Ynes,
Luzmilla, Maria e Sulmira coordinano infatti l’organizzazione non governativa
Alianza Arkana, per la salvaguardia della selva, una Ong già vincitrice del
‘Premio ciudadania ambiental’ che per il 2012 vorrebbe costruire “un
eco-village per le persone che vogliono continuare a connettersi con la
saggezza sotto la guida delle piante“.
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